lunedì 31 ottobre 2016

Traversata dell'Atlantico

Attraversare l'oceano Atlantico... ho sempre pensato fosse un'ipotesi remota, invece capita che incontri delle belle persone, che vibrano sulla tua stessa frequenza, che ti fanno un invito inaspettato e ti ritrovi, a 20 giorni dalla partenza dell'Atlantic Odyssey, ad immaginare come sarà intraprendere il viaggio che portò al più grande cambiamento del mondo nella storia. 20 giorni nella natura selvaggia, navigando in alto mare, sulla pelle il respiro profondo dell'oceano.
Rispecchia la mia filosofia il guadagnarsi la meta attraverso il viaggio, contando sulle proprie forze, fisiche e mentali, sbarcare su nuove coste lontane e condividere tutto questo con buoni compagni di viaggio la renderà di certo un'esperienza che lascerà il segno.

martedì 12 aprile 2016

Pesci che meritano di essere ricordati.

Il 1° giugno del 2015 al traverso di punta cannelle all'Elba. Un meraviglioso esemplare di lampuga maschio adulto di 10,5 kg ha abboccato durante il recupero della lenza con un attacco a pelo d'acqua. Emozione unica!









Stessa zona settimana successiva. Spada...




Poi ancora spada alle Formiche di Grosseto stimato intorno ai 30 kg perso dopo più di un'ora di combattimento.



lunedì 11 aprile 2016

Aggiornamenti.

Eccomi di nuovo qui! Ho trascurato il blog da un anno e mezzo a questa parte. Pausa di riflessione, di crescita e divagazione perché cosa c'è di meglio che perdersi per trovarsi.
Cosa è successo durante questo lasso di tempo? Tanto e niente, un anno e mezzo o 5 anni è poco rilevante, sono passati velocemente, la passione per il mare è ancora forte nonostante il disincanto rispetto alla realtà del mondo della nautica italiana frequentata per lo più da ricchi annoiati piuttosto che da marinai, da ciarlatani, sbruffoni e imbecilli. Che poi non è in fondo l'umanità intera una moltitudine di maschere e pochi volti? Una massa ignorante, meschina e aggressiva di stolti? Tuttavia ci sono anche delle perle ed è bello scoprirle e conservarle.
Noi continuiamo a vivere sulla nostra isola che non c'è, "fanatici" del fai da te ed orgogliosi della solitudine. Niente più sogni o illusioni è il momento di vivere il presente al meglio e in profondità in accordo con le proprie possibilità e attitudini, né ansia né rimpianti, ma progetti e desideri piuttosto.
Il mare mi ha resa una persona migliore o forse è stato il tempo o forse le tante persone che ho conosciuto, di fatto mi sento ricca e sufficientemente realizzata quando mi rendo conto dello smarrimento e della miseria della maggior parte delle persone. Quel che ho è ciò che sognavo? E' ciò che desideravo? Si, no, in parte? E' già molto, devo solo godermelo.
Aggiornamenti pratici: ci siamo trasferiti al porto di Punta Ala, un po perchè dopo 5 anni a Marina di Grosseto tutto era routine e perchè il porto soffre di problemi gravi di insabbiamento, ora siamo in un porto vero e c'è un nuovo angolo di mondo da conoscere.



Lavori a bordo: non si finisce mai, tuttavia dopo i due mesi di cantiere nel 2012 stiamo respirando un po e tanto per non perdere l'allenamento ci siamo fatti il bimini e il lazy bag.




Abbiamo fatto fare randa e genoa nuovi e ora Paperoga fila che è una meraviglia!



Stiamo studiando come installare due pannelli solari rigidi che il vecchio flessibile si è rotto dopo nemmeno 5 anni poi salvo imprevisti (facciamo i dovuti scongiuri) per quest'anno siamo apposto. Il prossimo si lavorerà sugli interni, avendo a disposizione un appartamento, legni e rivestimento cabina di prua.

giovedì 9 ottobre 2014

Il blu, il vento, l'amore e nuovi amici




BLU
La mia anima smarrita
Nel blu l’ho ritrovata
Il mio cuore frammentato
Nel blu si ricompone
Nel blu mi fondo
Con il blu mi confondo
Il mio passato più non ricordo



Che sorpresa scoprirsi forti!
Quanta energia che si diffonde col vento!
Nella spuma i turbamenti
Si dissolvono all’orizzonte
al ritmo delle onde
in una danza
l’essere trova la sua armonia
il suo colore

blu.


























domenica 20 luglio 2014

Tonno alalunga



Finalmente siamo riusciti a tirare a bordo un bel pesce!!!
Durante una lunga bolina da Punta Fetovaia a Macinaggio il mulinello ha iniziato a fischiare dalle parti del confine delle acque territoriali sulla batimetrica dei 500 m.
9 kg circa, stiamo mangiando pesce da una settimana, la metà messo sotto sale, bottarga compresa.

mercoledì 30 aprile 2014

Io so di non sapere. (appunti di filosofia)

Socrate (in greco antico Σωκράτης, traslitterato in SōkrátēsAtene470 a.C./469 a.C.[1] – Atene399 a.C.) è stato un filosofo greco antico, uno dei più importanti esponenti della tradizione filosofica occidentale.
Il contributo più importante che egli ha dato alla storia del pensiero filosofico consiste nel suo metodo d'indagine: il dialogo che utilizzava lo strumento critico dell'elenchos (ἔλεγχος, "confutazione") applicandolo prevalentemente all'esame in comune (εξεταζειν, exetazein) diconcetti morali fondamentali. Per questo Socrate è riconosciuto come padre fondatore dell'etica o filosofia morale.
Per le vicende della sua vita e della sua filosofia che lo condussero al processo e alla condanna a morte è stato considerato, dal filosofo e classicista austriaco Theodor Gomperz, il primo martire occidentale della libertà di pensiero.
Molti studiosi di storia della filosofia concordano nell'attribuire a Socrate la nascita di quel peculiare modo di pensare che ha consentito l'origine e lo sviluppo della riflessione astratta e razionale, che sarà il fulcro portante di tutta la filosofia greca successiva. Il primo a sviluppare questa interpretazione della dottrina socratica fu Aristotele che attribuì a Socrate la scoperta del metodo della definizione e induzione, che egli considerava uno, ma non l'unico, degli assi portanti del metodo scientifico.
Paradossale fondamento del pensiero socratico è il "sapere di non sapere", un'ignoranza intesa come consapevolezza di non conoscenza definitiva, che diventa però movente fondamentale del desiderio di conoscere. La figura del filosofo secondo Socrate è completamente opposta a quella del saccente, ovvero del sofista che si ritiene e si presenta come sapiente, perlomeno di una sapienza tecnica come quella della retorica.
Le fonti storiche che ci sono pervenute descrivono Socrate come un personaggio animato da una grande sete di verità e di sapere, che però sembravano continuamente sfuggirgli. Egli diceva di essersi convinto così di non sapere, ma proprio per questo di essere più sapiente degli altri.
Nell'Apologia di Socrate ci viene descritto come egli abbia preso coscienza di ciò a partire da un singolare episodio. Un suo amico, Cherefonte, aveva chiesto alla Pizia, la sacerdotessa dell'oracolo di Apollo a Delfi, chi fosse l'uomo più sapiente e questa aveva risposto che era Socrate. Egli sapeva di non essere il più sapiente e quindi volle dimostrare come l'oracolo si fosse sbagliato andando a dialogare con quelli che avevano fama di essere molto sapienti, in particolare i politici.
Ma alla fine del confronto, racconta Socrate, questi, messi di fronte alle proprie contraddizioni (l'aporia socratica) e inadeguatezze, provarono stupore e smarrimento, apparendo per quello che erano: dei presuntuosi ignoranti che non sapevano di essere tali. «Allora capii, dice Socrate, che veramente io ero il più sapiente perché ero l'unico a sapere di non sapere, a sapere di essere ignorante. In seguito quegli uomini, che erano coloro che governavano la città, messi di fronte alla loro pochezza presero ad odiare Socrate».
«Ecco perché ancora oggi io vo d'intorno investigando e ricercando...se ci sia alcuno...che io possa ritenere sapiente; e poiché sembrami che non ci sia nessuno, io vengo così in aiuto al dio dimostrando che sapiente non esiste nessuno»[27].
Egli quindi "investigando e ricercando" conferma l'oracolo del dio, mostrando così l'insufficienza della classe politica dirigente. Da qui le accuse dei suoi avversari: egli avrebbe suscitato la contestazione giovanile insegnando con l'uso critico della ragione a rifiutare tutto ciò che si vuole imporre per la forza della tradizione o per una valenza religiosa. Socrate in realtà (sempre secondo la testimonianza di Platone) non intendeva affatto contestare la religione tradizionale, né corrompere i giovani incitandoli alla sovversione.
Socrate affermava di credere, oltre agli dèi riconosciuti dalla polis, anche in una particolare divinità minore, appartenente alla mitologia tradizionale, che egli indicava con il nome di dáimōn. Il dáimon per Socrate non aveva il significato anche negativo che altri autori greci classici evidenzieranno[38] ma era un essere divino inferiore agli dèi ma superiore agli uomini che possiamo intendere anche con il termine genio.[39] Socrate si diceva tormentato da questa voce interiore che si faceva sentire non tanto per indicargli come pensare e agire, ma piuttosto per dissuaderlo dal compiere una certa azione. Socrate stesso dice di esser continuamente spinto da questa entità a discutere, confrontarsi, e ricercare la verità morale (Kant avrebbe successivamente paragonato questo principio "divino" all'imperativo categorico, alla coscienza morale dell'uomo).
Il motto "ΓΝΩΘΙ ΣEΑΥΤΟN" ("Γνῶθι σεαυτόν" - Gnòthi seautòn, «Conosci te stesso»), risalente alla tradizione religiosa di Delfi, voleva significare, nella sua laconica brevità, la caratteristica dell'antica sapienza greca: quella dei sette sapienti. Il significato originario, dedotto da alcune formule a noi pervenute (Nulla di troppoOttima è la misuraNon desiderare l'impossibile), era quello di voler ammonire a conoscere i propri limiti, «conosci chi sei e non presumere di essere di più»; era dunque una esortazione a non cadere negli eccessi, a non offendere la divinità pretendendo di essere come il dio.[40] Del resto tutta la tradizione antica mostra come l'ideale del saggio, colui che possiede lasophrosyne ("saggezza"), sia quello di conseguire la moderazione e di rifuggire il suo opposto: la tracotanza e la superbia (ὕβρις, Hýbris).
Il termine maieutica viene dal greco maieutiké (sottinteso: téchne). Letteralmente, sta per "l'arte della levatrice" (o "dell'ostetrica"), ma l'espressione designa il metodo socratico così come è esposto da Platone nel Teeteto. L'arte dialettica, cioè, viene paragonata da Socrate a quella della levatrice, il mestiere di sua madre: come quest'ultima, il filosofo di Atene intendeva "tirar fuori" all'allievo pensieri assolutamente personali, al contrario di quanti volevano imporre le proprie vedute agli altri con la retorica e l'arte della parola come facevano i sofisti. Parte integrante di questo metodo è il ricorso a battute brevi (brachilogia) in opposizione ai lunghi discorsi (macrologia) del metodo retorico dei sofisti.
Socrate, a differenza dei sofisti, mirava a convincere l'interlocutore non ricorrendo ad argomenti retorici e suggestivi, ma sulla base di argomenti razionali. Socrate si presenta così come una persona anticonformista, che in opposizione alle convinzioni della folla rifugge il consenso e l'omologazione: garanzia di verità è per lui non la condivisione irriflessa, ma la ragione che porta alla reciproca persuasione. A differenza dei sofisti, che professavano la loro arte a scopo di lucro, Socrate che per questo li definì «prostituti della cultura»[41], filosofava per semplice amore del sapere.
Si è detto inoltre come egli non lasciò niente di scritto della sua filosofia perché pensava che la parola scritta fosse come il bronzo che percosso dà sempre lo stesso suono. Lo scritto non risponde alle domande e alle obiezioni dell'interlocutore, ma interrogato dà sempre la stessa risposta. Per questo i dialoghi socratici appaiono spesso "inconcludenti", nel senso non che girano a vuoto, ma piuttosto che non chiudono la discussione, perché la conclusione rimane sempre aperta, pronta ad essere rimessa nuovamente in discussione.
È pur vero che Socrate come i sofisti metteva in discussione un certo modo di intendere l'ideale educativo della paideia, ma con intenti del tutto opposti: i sofisti con lo scopo di dissolverlo, Socrate invece con lo scopo di tutelarlo.
La paideia esaltava lo spirito di cittadinanza e di appartenenza costituendolo come elemento fondamentale alla base dell'ordinamento politico-giuridico delle città greche. L'identità dell'individuo era pressoché inglobata da quell'insieme di norme e valori che costituivano l'identità del popolo stesso: per questo più che un procedimento educativo o di socializzazione potrebbe essere definito come processo di uniformazione all'ethos politico.
La dottrina dei sofisti si poneva contro questa omologazione della paideia, da essi giudicata "conservatrice" e prevaricatrice; essi miravano perciò a contestarne la verità, tramite l'arte della retorica e a far apparire vero ciò che a loro conveniva, prevalendo con la parola sull'altro e ad annullare qualsiasi valore di verità e giustizia sostituendovi il proprioegoistico interesse. Socrate invece voleva piuttosto verificare e smascherare se sotto quell'ideale educativo non vi fosse quello di addormentare le coscienze critiche a scopi di potere personale.
Ed è così che la scoperta socratica dell'anima umana assume toni decisamente educativi e morali.[44] Secondo Platone, infatti, Socrate è l'unico che intende correttamente il senso della politica, come capacità di rendere migliori i cittadini.[45] Socrate li esorta a occuparsi, più che delle cose della città, della città stessa.[46] In lui c'è pertanto uno stretto legame tra filosofia e politica, che in Platone diventerà esplicito, ma in Socrate già affiora come esigenza di anteporre sempre il bene della città e il rispetto delle leggi agli egoismi dei singoli.[47]
« Questo, vedete, è il comandamento che mi viene da Dio. E sono convinto che la mia patria debba annoverare fra i benefici più grandi questa mia dedizione al volere divino. Tutta la mia attività, lo sapete, è questa: vado in giro cercando di persuadere giovani e vecchi a non pensare al fisico, al denaro con tanto appassionato interesse. Oh! pensate piuttosto all'anima: cercate che l'anima possa divenir buona, perfetta. »
(Apologia di Socrate, 29 d - 30 b, trad. di E. Turolla, Milano-Roma 1953)

D'altra parte è vero che anche lui esaltava la parola, ma, al contrario dei sofisti che usavano il monologo e che praticamente parlavano da soli, il suo discorrere era un dià logos, una parola che attraversava i due interlocutori. Mentre i sofisti infatti miravano ad abbindolare l'interlocutore usando il macròs logos, il grande e lungo discorso che non dava spazio alle obiezioni, Socrate invece dialogava con brevi domande e risposte - la cosiddetta brachilogia (letteralmente "breve dialogare") socratica - proprio per dare la possibilità di intervenire e obiettare ad un interlocutore che egli rispettava per le sue opinioni.
Un'altra caratteristica del dialogo socratico, che lo distingueva dal discorso torrentizio dei sofisti, era il continuo domandare di Socrate su quello che stava affermando l'interlocutore; sembrava quasi che egli andasse alla ricerca di una precisa definizione dell'oggetto del dialogo. «Ti estì» ,"che cos'è" [quello di cui parli]?
È questa l'ironia di Socrate che, per non demotivare l'interlocutore e per fare in modo che egli senza imposizioni si convinca, finge di non sapere quale sarà la conclusione del dialogo, accetta le tesi dell'interlocutore e le prende in considerazione, portandola poi ai limiti dell'assurdo in modo che l'interlocutore stesso si renda conto che la propria tesi non è corretta. Chi dialoga con Socrate tenterà varie volte di dare una risposta precisa ma alla fine si arrenderà e sarà costretto a confessare la sua ignoranza. Proprio questo sin da principio sapeva e voleva Socrate: la sua non era fastidiosa pedanteria[48] ma il voler dimostrare che la presunta sapienza dell'interlocutore fosse in realtà ignoranza.

Da Wikipedia.